PER NON DIMENTICARE

diario di un partigiano Giovanni BERTA

Introduzione

Giovanni Berta "Leo"Esistono persone che parlano e esistono persone che agiscono. Probabilmente questo libro non sarebbe mai uscito se l’Autore non avesse sentito un desiderio maggiore delle sue forze, che lo spingeva a pubblicare il diario. Giovanni Berta appartiene alla categoria delle persone che agiscono. E allora perché ha scritto questo libro ?.

Quando un uomo crede in ciò che ha fatto, crede nella vita che ha vissuto , ed ha vissuto così perché ha scelto di vivere così, viene un giorno in cui sente che ciò che ha fatto non può essere solo per lui, ma esula dai confini dell’individuale per prendere una dimensione sociale, come se la sua vita non fosse più sua, ma gli sfugge incontrollata.

Il rendere pubblico il diario è quindi un fatto sociale, è onestà storica prima ancora che cronistica. La Resistenza non è, e non può essere, solo di coloro che la hanno fatta, perché se loro hanno combattuto, l’hanno fatto anche per chi doveva venire dopo: per i figli e per i giovani, che troppo spesso si perdono nei meandri delle dimenticanze.

Giovanni Berta non è un letterato e non ha pretese di esserlo, sarebbe un errore leggere questo libro in tal senso; all’Autore interessa rendere giustizia ai fatti, alla verità, spesso purtroppo travisati o adattati a convenienze ideologiche. Specie nel caso della 53° Brigata Garibaldi non si sono in parte riconosciuti i meriti che la verità le attribuisce. Berta si vuol rivolgere soprattutto ai giovani, affinché sappiano che se loro oggi vivono liberi da vincoli e da bavagli, lo devono anche a chi ha lasciato la vita sulle montagne.

<<Per non dimenticare>> non è quindi solo il diario di un partigiano, ma è una parte di storia, la storia affascinante dalla 53° Brigata Garibaldi << 13 Martiri >>, sfrondata da qualsiasi facile retorica; è la sofferenza patita per il freddo e la fame; il coraggio di vivere nella paura di rappresaglie; è la vita quotidiana appesa ad un filo.

I giovani devono conoscere per riflettere, capire, giudicare. L’idea di pubblicare il diario scaturì da alcune considerazioni di carattere sociale, ed esattamente dal fatto che G. Berta veniva spesso chiamato, soprattutto nelle scuole, ad illustrare agli studenti la Resistenza ed in particolare la vita partigiana. Oltre a ciò incoraggiamenti vennero da amici , che leggendo le pagine dattiloscritte del diario, lo consigliarono di renderlo pubblico. Durante il periodo della resistenza l’Autore compilò scrupolosamente 11 quadernetti su tutto ciò che riguardava i fatti della 53°, vissuti in prima persona.

Successivamente, aiutato da alcuni amici, ordinò questi appunti in un vero e proprio diario. Non trascurò di continuare le ricerche interpellando partigiani, collaboratori, contadini, archivi, ecc. Anche la documentazione fotografica è ricchissima, grazie al fatto che il comandante Montagna (Giovanni Brasi) era fotografo di professione, e non mancava di documentare con le immagini i personaggi e i fatti di allora. Onde capire meglio la figura dell’Autore è opportuno fare una veloce carrellata della sua vita prima dell’otto settembre.

Nel 1926, a soli otto anni, primo di sei fratelli, rimane orfano del padre, e, pur se non manca l’affetto della madre , sente il bisogno di un appoggio morale capace di dare la spinta in tanti momenti difficili. A dieci anni, terminata la quinta elementare, si avvia al lavoro in una fucina artigiana. I turni di lavoro lo sfiancano, ma non manca di recarsi in montagna, nelle ore libere, nei boschi per far legna, funghi castagne, per aiutare la madre nel tirare avanti la famiglia. A sedici anni è in Piemonte, al Moncenisio, per lavori di fortificazione a quota 3000 : una vita durissima , specie per un ragazzo. In seguito è raggiunto dal fratello Primo, e col guadagno di questo lavoro si permettono l’acquisto di una bicicletta e di sci usati. A diciotto anni il servizio pre-militare e a venti è chiamato alle armi. La legge stabiliva un servizio di sei mesi per i primogeniti di madre vedova ; in realtà furono sei anni.

Il I° Aprile del ‘39 parte per Bergamo: artiglieria da montagna, destinazione Merano. Campo estivo sull’arco delle dolomiti: lunghe marce a piedi. Alla fine dell’estate è in Piemonte e in autunno in Val Formazza. Nel Maggio del 1940 parte per la Val D’Aosta: Monte Bianco (dove perde l’amico ten. Cornelio Pach e costata la crudeltà della guerra e la sua inutilità) , incontra Curzio Malaparte, la inviato, come giornalista dal Ministero della guerra. In un ospedale da campo incontra alcuni compaesani. Ritorna nella zona delle Dolomiti per esercitazioni, quindi la partenza per Mesagne di Brindisi, si imbarca per il fronte greco-albanese. Durante lo sbarco a Durazzo è attaccato da aerei nemici. Raggiungono il monte Tomori , dove i Greci li accolgono con scariche di mitragliatore. Dieci mesi di quella vita, poi rientro a Bari, Dopo breve inattività preparativi per la Russia, destinazione: il Don. Riesce ad avere il congedo essendo il primo di tre fratelli sotto le armi., ma è un congedo brevissimo, perché viene subito richiamato a Verona, destinato a nuove batterie in partenza per la Russia. Finalmente l’otto settembre 1943. Per merito di conoscenti riesce con difficoltà a giungere a casa sano e salvo. La guerra non è ancora finita, le truppe tedesche ovunque resistono alla massiccia controffensiva delle truppe angloamericane; il fascismo costituisce la famigerata repubblica di Salò. Intanto le forze nuove della Resistenza non perdono tempo e si organizzano su tutto il territorio italiano.

Adriano Frattini